Pit fire la cottura arcaica in chiave moderna. materiali, tempi e metodo

 

Pit Fire: il fuoco primitivo che dipinge la terra

Il pit fire è una delle tecniche più antiche e suggestive della ceramica. Prima che nascessero i forni moderni, l’uomo cucinava l’argilla scavando semplicemente una buca nel terreno e affidando al fuoco il compito di trasformarla in ceramica. Ancora oggi questo metodo conserva un fascino unico, perché mette in contatto diretto terra, fuoco e creatività.

Durante i miei corsi di pit fire mi piace sperimentare insieme agli allievi: dopo aver sistemato i pezzi nella buca con legna, foglie secche, paglia e altri materiali combustibili, aggiungiamo anche ossidi di ferro e di rame, oltre a vari elementi organici. È proprio la combinazione tra fiamma, fumo e sostanze che arricchisce le superfici di effetti cromatici sorprendenti: dal nero intenso al rosso ruggine, passando per sfumature verdi e ramate.

Ciò che rende il pit fire così speciale è l’imprevedibilità del risultato. Nessun vaso sarà mai identico a un altro: ogni pezzo porta con sé il segno del fuoco, del vento e delle reazioni chimiche che avvengono in quel preciso momento. Per questo lo considero anche un esercizio di fiducia: bisogna lasciare spazio al caso e accettare che la natura scriva insieme a noi la superficie dell’oggetto.

Al di là dell’estetica, il pit fire è soprattutto un’esperienza condivisa. Preparare la buca, accendere il fuoco, attendere i tempi della combustione: sono gesti che riportano a un’energia ancestrale, fatta di lentezza, attesa e contatto diretto con gli elementi. È un rito che insegna a guardare la ceramica non solo come manufatto, ma come parte di un dialogo profondo con la materia e la natura.









La tecnica è semplice solo in apparenza: i pezzi già essiccati vengono disposti in una buca nel terreno, circondati da materiali combustibili (legna, segatura, foglie secche, gusci di noci, carta, paglia) e spesso arricchiti con ossidi o sali che, reagendo con il calore, lasciano impronte e sfumature irripetibili sulla superficie. Poi il fuoco viene acceso, e inizia la trasformazione.

Ciò che rende speciale il pit fire è l’imprevedibilità del risultato. Nessun vaso o ciotola sarà mai uguale a un altro: le fiamme, il vento, la quantità di ossigeno e persino la qualità del terreno incidono sull’esito finale. È un processo che invita alla sospensione del controllo, all’accettazione del caso come parte integrante della creazione.






In un’epoca dominata dalla tecnologia e dal controllo totale dei processi, il pit fire rappresenta una via di ritorno all’essenza: un incontro diretto con gli elementi, dove il ceramista diventa più testimone che artefice.

VI PIACEREBBE PARTECIPARE':

 SABATO 21 E DOMENICA 22 SETTEMBRE, corso di pit fire e cottura preistorica

in collaborazione con MORENA MASSERA

CODOGNO 


per info 3282741348 info@percorsoargilla.com






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